Il miglior album degli Iron Maiden

Ultimo aggiornamento: 25.04.24

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Album degli Iron Maiden – Consigli d’acquisto, Classifica e Recensioni del 2024

 

Nel campo della musica dura sono poche le band che possono vantare uno status come quello degli Iron Maiden. La creatura di Steve Harris è tra quelle che ha avviato il fenomeno conosciuto come New Wave Of Heavy Metal meritandone, senza alcun dubbio, lo scettro. Oggi gli Iron Maiden sono molto più di un gruppo musicale, sono una holding che fattura cifre impressionanti e dà lavoro a diverse decine di persone. Vero, questo forse toglie un po’ di magia ma è così che funziona a certi livelli. Va detto che il successo della band inglese è meritato e non certo frutto di astute mosse ruffiane studiate per piacere a un pubblico più vasto. Certo, il loro sound non è più grezzo e diretto come quello degli esordi ma resta comunque roccioso e lontano dai trend. Viste le premesse, era doveroso parlare dei migliori album degli Iron Maiden del 2024. Vi suggeriamo subito due titoli per fare una comparazione: Iron Maiden è il debut della band e farà felici quanti amano le canzoni veloci e la voce di Paul Di Anno mentre The number of the beast ci presenta il giovane Bruce Dickinson agli esordi con la “Vergine di Ferro” e il lavoro svolto è ottimo.

 

 

Tabella comparativa

 

Pregio
Difetto
Conclusione
Offerte

 

 

Come scegliere il miglior album degli Iron Maiden

 

Decidere quale album degli Iron Maiden comprare non è semplice; l’imbarazzo è comprensibile poiché la loro discografia è vasta e ogni lavoro merita l’ascolto. Una cosa però dobbiamo dirla, prima o poi dovrete ascoltare uno dei loro tanti live album poiché dal vivo questi “ragazzi” inglesi sono una macchina da guerra.

Per rispondere alla domanda su come scegliere un buon album degli Iron Maiden riteniamo opportuno iniziare con i primi dischi così da avere un punto di riferimento per capire come la band si sia evoluta musicalmente. Se, invece, volete prima farvi una idea generale c’è sempre la possibilità di acquistare una raccolta e individuare i brani che più vi convincono per poi andarvi a cercare il disco dove sono stati incisi.

 

 

Guida all’acquisto

 

L’era Di Anno

Una band può rimanere per quattro/quinti uguale ma cambiare più di un cantante nel corso della loro carriera. Inevitabilmente, anche se questo non è il leader, il compositore principale, ha un impatto decisivo sul pubblico. Ecco perché riteniamo sia il caso di dedicare un paragrafo a ciascuno dei tre cantanti che si sono succeduti dietro al microfono dal debut album in poi. Paul Di Anno ha inciso i primi due dischi della “Vergine di Ferro”.

Il suo stile vocale ben si sposava con la musica che la band proponeva agli inizi degli anni ’80: ruvido, graffiante, veloce. Ma Di Anno aveva un problema: mancava della necessaria professionalità. Inoltre non era esattamente un salutista. Insomma, ben presto si crearono diversi dissidi con gli altri membri del gruppo e che portarono alla decisione di allontanare il singer.

 

L’era Bruce Dickinson

Non ci sono dubbi, per i fan è lui il cantante degli Iron Maiden. Le basi per il successo erano state gettate ma è con “Bruce Bruce” che la situazione prende una piega davvero interessante. Dickinson, che proveniva dai Samson, ha una voce completamente diversa dal suo predecessore, questo permette alla band di provare nuove soluzioni: le canzoni sono meno ruvide e c’è più melodia ma pur sempre di heavy metal si tratta.

Dickinson resterà nella band fino al tour di supporto all’album Fear of The Dark per poi decidere di tentare nuove strade. La band si esibisce in tutto il mondo ma sia i compagni d’avventura sia i fan sono a conoscenza del divorzio. Il periodo post Dickinson non è roseo tanto per gli ex compagni quanto per il cantante stesso tanto è vero che il sodalizio, dopo circa 6 anni, si riforma e la band trae un successo incredibile dalla reunion (cui prende parte anche il chitarrista Adrian Smith) facendo registrare numeri inimmaginabili tanto di presenze ai concerti quanto di vendite.

 

 

Il fattore X

Dopo l’addio di Dickinson, c’è una grossa incognita. I fan sono nello sconforto e anche la band. Bisogna fare in fretta a trovare un sostituto poiché c’è il rischio di perdere terreno, anche una band famosa come gli Iron Maiden rischia di finire nel dimenticatoio se sta troppo tempo lontano dalle scene. La scelta cade su Blaze Bayley (proveniente dai Wolfsbane), è un pallino di Steve Harris che preferisce puntare su un nome sconosciuto ai più invece di prendere un cantante affermato (le auto-candidature eccellenti non erano mancate).

Harris ci gioca un po’ su e decide di intitolare il nuovo disco X Factor a sottolineare come tutto sia una grande incognita. La scelta fu parecchio criticata tanto dai media quanto dai fan, ancora innamorati persi di Dickinson. Blaze durerà il tempo di un altro disco e tour, poi verrà licenziato per riconsegnare il microfono a Bruce Dickinson.

 

I migliori album degli Iron Maiden del 2024

 

Manca poco per scoprire il miglior album degli Iron Maiden. Fin da ora ci scusiamo con i fan per i grandi esclusi che inevitabilmente ci saranno: non potrebbe essere altrimenti vista la grande quantità di materiale pubblicato e messo sul mercato. Siamo consapevoli che la nostra classifica non vedrà tutti d’accordo. Per gli album selezionati abbiamo scritto una recensione per aiutarvi a scegliere tra le offerte disponibili: confrontate i prezzi e fate le vostre valutazioni.

 

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Iron Maiden

 

I nostri consigli d’acquisto non potevano esimersi dal cominciare con l’omonimo debut album. Iron Maiden presenta cinque ragazzi giovani con la voglia di spaccare il mondo. Il disco comprende una serie di killer track ognuna delle quali merita l’ascolto. Il sound è tagliente, caratterizzato dalla voce sporca di Paul Di Anno e da una sezione ritmica mostruosa composta da Steve Harris e dal compianto Clive Burr, un batterista colpevolmente sottovalutato.

Dave Murray intreccia gli assoli con Dennis Stratton per una miscele esplosiva e che mette in subbuglio il mondo dell’heavy metal, anche se qualche genio della critica musicale disse che quella band avrebbe fatto ben poca strada.

Della tracklist fa parte Iron Maiden che non è mai uscita dalla setlist dei concerti ma, lo ripetiamo, sono tutti pezzi degni di nota. Questa versione che vi proponiamo è rimasterizzata, la qualità audio è buona ma ha deluso il packaging, inoltre non ci sono bonus track.

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The number of the beast

 

Gli Iron Maiden vivono il loro primo cambio epocale. Il terzo disco costituisce sempre un crocevia per qualsiasi band perché è quello che deve confermare le buone impressioni fatte. I Maiden lo fanno con un cambio dietro al microfono: c’è Bruce Dickinson. È uno dei dischi più venduti di sempre e già all’epoca della sua pubblicazione raggiunse la vetta della classifica inglese.

Il titolo non passa inosservato visti i chiari riferimenti al famigerato 666 ma è sbagliato (ed è un errore che hanno commesso in parecchi) ritenere si trattasse di un omaggio al maligno per corrompere le povere anime innocenti dei fan. Il disco si compone di otto pezzi, tre dei quali salvo qualche caso sporadico, hanno una presenza costante nella setlist: la title track, Run To The Hills e la meravigliosa Hallowed Be Thy Name.

Unico difetto, secondo noi, è il prezzo. Trattandosi di un titolo vecchio e tutt’altro che difficile da trovare, forse poteva costare qualcosa in meno, in particolare per quel che riguarda la versione in vinile.

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Powerslave

 

Powerslave è un disco che non manca di elementi nuovi. Se Nicko McBrain aveva già fatto il suo esordio sul precedente Piece of mind (non c’è in classifica ma ve lo consigliamo, non fosse altro per la presenza del classico The Trooper), anche la musica si arricchisce di nuove sonorità pur non snaturando il trademark della band.

Il disco si apre comunque con un brano abbastanza classico e fedele ai dettami dell’heavy metal come Aces High seguito a ruota da 2 minutes to midnight. Si tratta di canzoni che la band spesso e volentieri esegue dal vivo.

Da segnalare, poi, oltre alla title track, la suite Rime of the ancient mariner, che chiude l’album ed è ispirata dall’omonimo poema di Samuel Taylor Coleridge. Questa edizione non contiene le bonus track che invece sono presenti nella ristampa del 1995.

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Fear of the dark

 

Fear of the dark è un altro degli album simbolo della band, non fosse altro per la title track che, da quando è stata scritta, non ha mai saltato un solo concerto tenuto dalla band. Ma questo disco vede un altro cambio importante: Eddie, la mitica mascotte scheletrica che è diventata una dei simboli degli Iron Maiden, cambia disegnatore: non più lo storico Derek Riggs ma Melvyn Grant.

Come da tradizione, il disco si apre con un pezzo bello tirato, Be quick or be dead che subito fa capire che cosa aspettarsi dall’album. In totale ci sono 12 pezzi ma non tutti sullo stesso livello qualitativo. L’ascolto è comunque gradevole e ben prodotto: la qualità audio è ottima mentre il booklet ben curato con foto e testi delle canzoni. Oltretutto è uno degli album più venduti online.

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X Factor

 

X Factor è uno di quei dischi che divide il pubblico. Sono in tanti a non aver mai perdonato Harris per aver scelto Blaze Bayley come sostituto di Dickinson eppure, a nostro avviso, il vero problema del disco non sta nel cantante ma nella produzione.

Le chitarre sono troppo fiacche. Per il resto pensiamo che la voce di Blaze (è innegabile che dal vivo abbia mostrato grossi limiti) ben si adatti alle inedite atmosfere cupe che pervadono X Factor. Della tracklist fanno parte brani colpevolmente sottovalutati da critica e pubblico, come la monumentale Sign of the cross (coraggiosa la scelta di scegliere un brano di 11 minuti come opening).

Ottime anche Lord of the flies e la semplice ma coinvolgente Man on the edge. Per quanto ci riguarda, se gli Iron Maiden abbiano mai inciso un brutto disco, di certo non è X Factor.

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Curiosità sugli Iron Maiden

 

Alfieri della New Wave of British Heavy Metal, sono celebri per i loro concerti sold out in tutto il mondo e decisamente adrenalinici. Loro sono gli Iron Maiden, molto più di una band. La loro musica è in grado di richiamare folle oceaniche che si prostrano ai loro piedi. Scopriamo qualche curiosità su Steve Harris e soci.

 

 

L’origine del nome Iron Maiden

L’idea venne al bassista e fondatore del gruppo Steve Harris. L’ispirazione gli fu data dal film L’uomo dalla maschera di ferro nel quale appariva lo strumento di tortura noto come Vergine di Norimberga o Vergine di Ferro (Iron Maiden).

 

La disputa per Hallowed be thy name

Uno dei brani più celebri e belli degli Iron Maiden è stato al centro di una disputa legale che nel 2017 ha costretto la band a eliminarlo momentaneamente dalla setlist. Secondo l’accusa mossa alla band, il testo di Hallowed be thy name presentava alcune similitudini con la canzone Life’s Shadow dei Beckett. Alla fine non si è giunti al processo: le parti hanno trovato un accordo che ha previsto il pagamento di 900.000 sterline da parte degli Iron Maiden.

 

La copertina di Dance of Death

Gli Iron Maiden difficilmente hanno sbagliato con le copertine ma quella di Dance of Death (2013) è inguardabile. Quella scelta per il disco in realtà era una bozza ma piacque talmente a Steve Harris che volle pubblicarla così. La scelta non trovò d’accordo l’autore che chiese di non essere inserito tra i credits per non rovinare la sua reputazione.

 

La passione di Bruce Dickinson per il volo

Oltre al canto, Bruce Dickinson ha un’altra grande passione, quella per il volo. Una volta abbandonati gli Iron Maiden ha deciso di prendere il brevetto ed esame dopo esame è diventato anche pilota di linea. La band ha sfruttato queste sue abilità per spostarsi da un Paese all’altro, durante i tour, con un aereo tutto loro – l’Ed Force One – pilotato da Dickinson in persona.

 

Bruce Dickinson e il cancro

L’uscita dell’album The Book Of Soul è stata posticipata perché al termine delle registrazioni Dickinson ha informato il resto della band di essere affetto da un cancro alla gola. La notizia ha sconvolto tutti così come la capacità del cantante di portare a termine le registrazioni.

 

 

I side project di Steve Harris e Adrian Smith

Il bassista Steve Harris ha un side project denominato British Lion e questa probabilmente è una cosa nota ai più. Meno conosciuto, invece, è il side project del chitarrista Adrian Smith che risponde al nome di Primal Rock Rebellion.

La cosa curiosa è che i due musicisti sono usciti entrambi con un disco nel 2012: British Lion per Harris e Awoken Broken per Smith. Soprattutto la notizia del side project di Steve Harris ha fatto temere ai fan che la band madre fosse giunta al capolinea ma come tutti sappiamo, i Maiden sono ancora qui.

 

New Frontier

Cos’ha di speciale il brano New Frontier presente su Dance of Death? Si tratta del primo pezzo che vede anche la firma del batterista Nicko McBrain, che l’ha scritto in collaborazione con Bruce Dickinson e Adrian Smith.

 

 

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