Andiamo alla scoperta delle strategie e dei metodi usati sin dai tempi antichi dalle popolazioni di tutto il mondo per la cura e la bellezza del proprio corpo.
La cura del corpo è una pratica molto antica che caratterizza la storia e la tradizione di numerose popolazioni. Essenze e profumazioni per avvicinarsi alle divinità, ma anche per simboleggiare uno status quo.
Il make up non è frutto degli anni ’50 ma ha radici molto più antiche e significati profondi. In questo articolo siamo andati alla ricerca dei metodi utilizzati sin da tempi remoti, da uomini e donne, per abbellire e per il benessere del proprio corpo.
Dalla Cina al Giappone, fino a raggiungere il magico Egitto: parleremo anche di tatuaggi e di body paint, come sono stati concepiti e per quale ragione.
L’arte della cura del corpo orientale e araba
Le popolazioni orientali sono state grandi ideatrici di prodotti per la bellezza, a cominciare dalle diverse varietà di pollini estratti dai fiori, che venivano utilizzati per dare colore a profumi e alle ciprie.
Queste ultime venivano prodotte utilizzando anche la polvere di riso, mentre per i rossetti si usava il cinabro, un minerale caratterizzato da un colore rosso acceso. Le migliore crema antirughe (ecco la lista dei migliori prodotti) orientale era creata con l’avocado oppure con il melone, mentre le essenze preferite erano a base di gelsomino e sandalo.
La Cina e il Giappone svolgevano pratiche di bellezza molto simili: una cura speciale era riservata ai capelli, la cui condizione definiva l’appartenenza ai diversi ceti sociali e non solo. Le donne ancora celibi intrecciavano le chiome lunghe e abbellivano l’acconciatura con dei fiori, mentre quelle già sposate li tenevano raccolti.
Anche gli egizi furono i fautori di numerose pratiche di bellezza perché, secondo questa antica popolazione, prendersi cura del proprio corpo aiutava ad avvicinarsi alle divinità. Non a caso le cerimonie religiose erano caratterizzate dalla presenza di esperti sacerdoti dedicati alla preparazione di essenze, unguenti e profumi.
Gli egizi amavano praticare massaggi ed esfoliare il corpo utilizzano i fanghi del Nilo oppure con un mix creato con cenere e argilla. Le donne che appartenevano a ceti sociali alti, inoltre, viaggiano con delle valigette che all’interno contenevano unguenti rinfrescanti per sopportare meglio il caldo desertico della zona.
Il significato della body art
La pittura del corpo è una pratica le cui origini si riconducono al Paleolitico. Veniva utilizzato come metodo per rappresentare l’appartenenza a un gruppo, ma anche come pratica religiosa e sociale.
Le prime colorazioni erano create con ocra e carbone, e il corpo si copriva con pelli e cuoio. La body art è stata particolarmente utilizzata dalle popolazioni del Sud America, ma altri riservavano la pratica ai ceti alti e religiosi.
Gli Indiani d’America furono tra le popolazioni a usare maggiormente le pitture corporali e abiti tradizionali, realizzati con materie prime del posto. I simboli che utilizzano erano messaggi e la pittura corporale era quindi una strategia che serviva per comunicare, senza parlare. Un altro simbolo di potere era la penna d’aquila che adornava il capo, utilizzata in momenti importanti.
Le popolazioni aborigene australiane, polinesiane e africane utilizzavano il tatuaggio come forme di comunicazione e simbolo di potere, al pari della body art.
Il tatuaggio per comunicare
La storia del tatuaggio è antica tanto quanto quella della pittura corporale e la pratica era diffusa in Africa, Polinesia e dell’Australia. La parola deriva da “tatau” che significa “disegno sulla pelle” in polinesiano, ma con l’arrivo di James Cook nel paese nel 1700, la parola venne diffusa nel resto del mondo.
Il tatuaggio era una pratica che consisteva nella creazione di disegni con un preciso significato, che agli inizi voleva simboleggiare la mascolinità degli uomini e la fertilità per le donne. Nella Nuova Guinea, il tatuaggio era riservato alle sole donne, che iniziavano con la pratica da bambine, in modo tale che in età fertile il corpo fosse quasi completamente tatuato e la ragazza fosse pronta per il matrimonio.
In Nuova Zelanda, nella popolazione Maori, le ragazze si tatuavano il labbro o il mento, mentre gli uomini tutto il corpo come simbolo di bellezza. L’arte del tatuaggio ha interessato anche il continente africano e la famosa popolazione dei Masai, il Giappone nelle isole di Hokkaido e le isole Marshall.
Una pratica antichissima, quindi, e diffusa in quasi tutto il mondo, oggi molto comune e prova dello stesso significato culturale legato alla tradizione.
Da quando ci guardiamo allo specchio?
Lo specchio è l’accessorio complice della bellezza, un oggetto che nei secoli non ha modificato la sua funzione. Nel mondo etrusco aveva lo scopo di trattenere in eterno l’immagine della bellezza che sconfigge l’immortalità. Per i greci e i romani serviva ad ammirare la propria immagine, quindi con la stessa funzione che ha oggi.
I greci amavano abbellire i loro specchi con figure mitologiche, mentre i romani furono i primi a ideare nuovi design sostituendo quelli con il manico, già in voga. Con i bizantini e gli arabi, gli specchi divennero delle opere artistiche, abbelliti con madreperla e smalti speciali.
Il rapporto con lo specchio cambia drasticamente durante il Medioevo, periodo durante il quale la bellezza veniva associata al male. Le sorti di questo oggetto si risollevano nuovamente dopo il ‘500, periodo in cui vengono creati dei mobili con specchio incorporato. La sua massima espressione avviene durante il Barocco, con la realizzazione di specchi molto grandi e ricchi di decorazioni.
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